In data 21 aprile 2022, il Senato ha approvato il testo definitivo della Legge di conversione, con modificazioni, del cd. Decreto bollette, ossia del decreto-legge 1° marzo 2022, n. 17, recante misure urgenti per il contenimento dei costi dell'energia elettrica e del gas naturale, per lo sviluppo delle energie rinnovabili e per il rilancio delle politiche industriali (Legge 27 aprile 2022, n. 34).
Si riportano le novità introdotte in materia di incentivi fiscali all’edilizia.
La prima modifica interviene sul testo dell’art. 121 D.L. n. 34/2020 concernente l’applicazione del cd. sconto in fattura e la cessione dei crediti d’imposta all’edilizia suscettibili di essere fruiti mediante l’esercizio dell’opzione e consiste nella possibilità per le banche di concludere una quarta cessione dei crediti d’imposta acquistati ex art. 121 D.L. n. 34/2020 anche se esclusivamente a favore di propri correntisti (art. 29-bis della Legge di conversione). Il legislatore ha precisato che tale facoltà si applica esclusivamente alle comunicazioni della prima cessione del credito o dello sconto in fattura inviate all'Agenzia delle entrate a partire dal 1° maggio 2022.
Un’altra novità è rappresentata dalla proroga del termine per la comunicazione dell’opzione di cessione del credito o dello sconto in fattura sino al 15 ottobre 2022 nei confronti dei soggetti passivi dell’imposta sul reddito delle società e dei titolari di partita IVA, che sono tenuti a presentare la dichiarazione dei redditi entro il 30 novembre 2022 (art. 29-ter della Legge di conversione).
Last but not least, merita particolare attenzione la modifica del dettato normativo dell’art. 3 co. 1 lett. d) del Testo Unico Edilizia D.P.R. n. 380/2001 che attiene alla nozione di ristrutturazione edilizia.
Come noto, tutte le detrazioni fiscali all’edilizia, fatta eccezione per il Sismabonus acquisti di cui all’art. 16 co. 1-septies D.L. n. 63/2013, presuppongono che l’intervento non configuri una nuova costruzione ma un una ristrutturazione edilizia o un intervento di categoria inferiore (manutenzione, oppure restauro e risanamento conservativo).
Secondo la consolidata prassi dell’Agenzia delle Entrate, la qualificazione edilizia dell’intervento non spetta all’Amministrazione finanziaria, che si limita a prendere atto della categoria di intervento edilizio assegnata dal Comune o altro ente competente in materia urbanistica e risultante dal titolo abilitativo.
Il testo vigente dell’art. 3 co. 1 lett. d) D.P.R. n. 380/2001, come noto, stabilisce che nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi anche gli interventi di demolizione e ricostruzione prevedendo condizioni completamente diverse secondo le caratteristiche o la zona di ubicazione dell’immobile.
In linea di principio, rientrano fra gli interventi di ristrutturazione edilizia anche quelli di demo-ricostruzione con modifica di uno o più parametri edilizi: “nell'ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l'adeguamento alla normativa antisismica, per l'applicazione della normativa sull'accessibilità, per l'istallazione di impianti tecnologici e per l'efficientamento energetico. L'intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana”.
Viceversa, nei casi espressamente previsti dalla legge, la demolizione e ricostruzione configura un intervento di ristrutturazione edilizia solo se “fedele”: “con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria”.
L’utilizzo dell’espressione “immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42” ha generato due diverse correnti di pensiero:
- la prima, più restrittiva, sostenuta dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici nel Parere n. 7944 dell’11 agosto 2021 e recentemente recepita nella sentenza del T.A.R. Marche n. 170 del 18 marzo 2022, secondo la quale la norma sulla demo-ricostruzione “fedele” riguarda esclusivamente i beni culturali e non anche i beni paesaggistici, per i quali trova applicazione la definizione più flessibile di ristrutturazione edilizia di cui al terzo periodo dell’art. 3 co. 1 lett. d) D.P.R. n. 380/2001.
- la seconda, più estensiva, sostenuta dal Ministero della Cultura nella sua nota 21 settembre 2021 prot. 26340, secondo la quale la nozione più rigorosa di ristrutturazione edilizia mediante demolizione e ricostruzione contenuta nell’ultimo periodo dell’art. 3 co. 1 lett. d) si applica sia ai beni sottoposti alle disposizioni della parte II del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio (beni culturali) sia ai beni sottoposti alla disposizioni della parte III del Codice (beni paesaggistici).
La prassi e giurisprudenza ondivaga hanno dato luogo ad incertezze applicative e disuguaglianze. dovute ai diversi approcci interpretativi degli Uffici tecnici comunali. l’Ufficio tecnico interpretato.
Ora, il legislatore ha finalmente chiarito la questione aderendo all’indirizzo interpretativo più ragionevole e coerente con l’obiettivo di promuovere davvero gli interventi di riqualificazione edilizia del tessuto urbano.
Infatti, nel sesto ed ultimo periodo dell’art. 3 co. 1 lett. d) del Testo Unico Edilizia, che contempla la definizione di cd. demo-ricostruzione fedele, ossia senza modifiche di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell'edificio preesistente e senza incrementi di volumetria, viene espressamente stabilito che i beni situati in aree tutelate ai sensi dell’art. 142 del Codice dei Beni culturali e del Paesaggio sono esclusi dal suo ambito di applicazione: «all'articolo 3, comma 1, lettera d), sesto periodo, dopo le parole: “decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42,” sono inserite le seguenti: “ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi dell'articolo 142 del medesimo codice” (art. 28 co. 5-bis)».